Il museo dell’Infiorata nasce nella più grande confusione.
Dopo una decina di anni dalla sua realizzazione, la Giunta comunale ha finalmente deciso di dare un utilizzo al cosiddetto “Museo dell’Infiorata”. Se ne deduce che, dato il tempo trascorso, dietro la nascita di questa struttura, che ci sembra di ricordare sia nata per incentivare il lavoro giovanile, tramite strutture culturali, in base a una legge regionale, non esisteva nessun fattivo progetto di utilizzazione, ma soltanto l’occasione per attingere a fondi regionali e dare appalti per riscuotere parcelle. Dovendosi “attivare attività mirate a coinvolgere la popolazione nel processo di ricostituzione della propria memoria attraverso il recupero di materiali iconografici e documentali della manifestazione dell’Infiorata”, come recitano le delibere comunali, si sarebbero dovute coinvolgere le associazioni culturali operanti nel territorio. Molti sono gli studiosi locali, che si occupano precipuamente dell’Infiorata, numerosi sono i collezionisti e varie le pubblicazioni, incluse le tesi di laurea. Ma l’assessorato tenuto da un assessore, peraltro “venuto da lontano” a illuminarci con la sua cultura, non risiedeva nemmeno a Genzano all’epoca della sua nomina ( è una caratteristica delle Giunta di Genzano nominare assessori alla cultura “forestieri”) forse perché a Genzano siamo tutti ignoranti, non ha ritenuto di dover coinvolgere le realtà culturali della città.
Questo nuovo progetto di utilizzo nasce nella più completa confusione. L’assessorato ha indetto tre conferenze per illustrare il progetto. In alcune non si è compreso il nesso tra i discorsi e il progetto, tanto che l’ultima è sembrata più un comizio politico, che l’illustrazione di una problematica museale. Nella prima conferenza un’ antropologa ha illustrato il progetto del museo; di conseguenza si è pensato che fosse lei l ‘ideatrice del progetto, ma ci sembra che lo stesso sia stato firmato da un altro giovane antropologo. Inoltre “ dato la complessità del progetto”, così recitano le delibere, “si è ritenuto di affidare la redazione del progetto all’architetto Diego Cesaroni” e alla Cooperativa Opra, per il reperimento dei materiali iconografici e documentali.
Non ci risulta che l’arch. Cesaroni sia un esperto di percorsi museali, ma un impiegato comunale che, all’epoca, ci sembra fosse responsabile dello stesso Ufficio Cultura. Ci sembra che la legge Merloni vieti ai componenti degli uffici preposti di avere incarichi professionali inerenti la loro attività istituzionale. Nella Cooperativa Opra , costituita poco prima dell’elaborazione del progetto, ci sembra di aver visto lavorare un consigliere comunale, dello stesso partito dell’assessore e il fratello del consigliere. Si ricorda, inoltre, che i materiali documentali e iconografici sull’infiorata sono in gran parte depositati presso l’archivio comunale e che il comune ha costituito “l’Istituzione Comunale per la Cultura”, che ha proprio la finalità di gestire e realizzare eventi culturali. Abbiamo l’impressione che intorno alla realizzazione di questo museo ci siano troppi “conflitti d’interesse”. La nostra associazione aveva risposto a un bando pubblico per la gestione del Museo, che non prevedeva nessun corrispettivo economico, ma non abbiamo saputo gli esiti della graduatoria. A dimostrazione che questo progetto inizialmente si fondava solo sull’opportunità di avere a disposizione, da parte della regione, finanziamenti da poter spendere, è il fatto che solo ora, dopo due anni, è stato chiamato il Prof. Padiglione, dell’Università “la Sapienza” di Roma a redigere un progetto scientifico di organizzazione museale.
L’unica buona notizia di tutta questa vicenda è che l’attuale assessore si sia dimesso, pare proprio per vicende connesse al museo, a tre mesi dall’elezioni comunali, mentre la cattiva è che è stato sostituito da un altro “Forestieru”.